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Giudizio unitario in materia di risarcimento del danno: Cass. Civ., Sez. II, 29.5.2020, n. 10323

 
Il 27 marzo 2020, con sentenza n. 7559, la Cassazione Civile si è pronunciata in materia di riconoscimento del diritto all’oblio.
 
IL CASO
 
L’ordinanza riguarda la pubblicazione, nell'archivio storico di un quotidiano on-line, di due articoli originariamente pubblicati sull'edizione cartacea del medesimo quotidiano, aventi ad oggetto notizie di cronaca giudiziaria relative ad un soggetto ormai defunto, indicizzati dai principali motori di ricerca e, di conseguenza, facilmente individuabili.
A fronte della richiesta di cancellazione dei dati personali e della rimozione degli articoli de quibus, in quanto pregiudizievoli per la reputazione sia del de cuius che della sua famiglia, sia l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali che il Tribunale di Milano si sono pronunciati negativamente.
Il giudizio è poi arrivato in Cassazione.
 
LA DECISIONE
 
La Suprema Corte, dopo un’accorta esegesi della giurisprudenza in materia di diritto all’oblio, stabilisce che questo, nonostante rientri tra i diritti fondamentali della persona, può subire una compressione, a determinate condizioni, in ragione della tutela del diritto di cronaca.
Atteso che non è possibile una reductio ad unum del diritto all’oblio, occorre effettuare, caso per caso, un raccordo del medesimo con la fattispecie concreta, valutando il bilanciamento tra il diritto del singolo alla protezione dei propri dati personali e il diritto della collettività ad essere informata su fatti pubblicamente rilevanti. L'interprete deve valutare, pertanto, se la compressione del diritto alla protezione dei dati personali, derivante dal protrarsi del trattamento, implichi una lesione del corrispettivo ed attuale interesse della collettività alla sua conoscenza.
La Suprema Corte conclude che, essendo gli articoli de quibus di rilevante e attuale interesse pubblico, l’esigenza di addivenire ad un bilanciamento tra gli interessi contrapposti è stata soddisfatta dal rimedio della deindicizzazione. Tale procedura viene considerata adeguata al fine di garantire la protezione “dell’immagine digitale” del singolo, poiché impedisce un accesso agli articoli tramite motore di ricerca. Quest’ultimi saranno, infatti, reperibili solamente attraverso l’accesso diretto all’archivio, garantendone la totale sovrapponibilità con quello cartaceo. Al contrario, la rimozione degli articoli dall’archivio storico informatico avrebbe pregiudicato la funzionalità stessa del medesimo, impedendo di conservare dei dati che consentono, alla comunità, di ricostruire una vicenda ritenuta pubblicamente e storicamente rilevante.
 
CONCLUSIONI
 
La decisione della Corte sembrerebbe riconoscere l’esistenza di un generale diritto alla conoscenza, da parte del pubblico, di quanto lecitamente diffuso a fini di cronaca, in particolare delle notizie dotate di un peculiare valore storico/sociale. Pertanto, è lecito il trattamento dei dati personali a fini documentaristici e di archivio storico laddove, tuttavia, sussistano in concreto delle misure (deindicizzazione) idonee ad evitare un vulnus alla riservatezza dell'interessato tale da minarne in misura apprezzabile l'esplicazione dei diritti fondamentali della persona in ambito relazionale.